Il volo della martora

IL VOLO DELLA MARTORA

Il volo della martora è stato il libro con il quale Mauro Corona si è fatto conoscere al grande pubblico.

Il 9 ottobre del 1963 l’immensa frana del Monte Tóc precipita nel lago artificiale del Vajont. Case, boschi, persone vengono travolti.

Questo mondo perduto rivive in queste pagine con ventisei racconti che dipingono in un affresco corale le vicende di uomini e donne, animali, alberi e rocce.

I racconti sono divisi in quattro gruppi: alberi, animali, gente e l’erto cammino. Riportano ricordi d’infanzia dell’autore, che spesso ne è il protagonista.

Con un linguaggio lineare, scarno e sincero. Mauro Corona esplora gli antichi mestieri, la vita degli intagliatori, dei boscaioli, le esistenze aspre e semplici della gente di montagna e ricostruisce un universo scomparso da custodire con amore nella memoria.

Prefazione di Claudio Magris.

TRADUZIONE: in tedesco, in francese e in cinese.


Dal libro:

“Il cuculo è un vero amico. Uno che arriva sempre al momento giusto. Uno che con la sua malinconia ti tira fuori dalla tua malinconia. Tutto il Creato è in simbiosi con noi nel semplice grande fine di darci una mano. Purtroppo va perdendosi sempre di più l’antica istintiva capacità di percepire le voci e i colori della Terra, e farne medicina”.

“Anche il nostro malgaro si fermò. Si perse nel caos di quei giorni e con lui il suo antico mestiere. Le casere vennero invase dalle ortiche; in pochi anni le scandole marcirono lasciando filtrare l’acqua dal tetto. Ora non è rimasto più niente di quei luoghi della memoria, se non i bianchi muri malinconici. Ma da quelle esperienze qualcosa si è salvato oltre ai ricordi: se non altro la consapevolezza che occorre resistere, tener duro in ogni situazione. II tempo poi darà il giusto valore alle cose vissute, facendoci magari apparire buone e belle quelle che da giovani ci sembravano cattive o ostili”.

“Le radure sono i luoghi arcani delle selve. Sono piccoli spazi liberi e puliti dove la boscaglia non riesce a crescere. Nessuno sa spiegare perché a un certo punto il bosco si interrompa per fare posto a una piccola estensione circolare tappezzata d’erba. Ai bordi di queste oasi luminose, sul limitare della foresta, dimorano acute rimembranze in perenne attesa. In primavera e d’estate, nella magica ora in cui la sera chiude il giorno in una stanza buia dando origine alla notte, si possono udire le voci degli spiriti dei boschi. Nelle altre stagioni si sentono appena un po’ più lievi. Ma per udire le voci degli spiriti bisogna essere da tempo delusi da quelle degli uomini. Le radure sono state create apposta per dare conforto all’amico avvilito. Bisognerebbe frequentare più spesso quei vuoti solitari, amici della quiete. In essi sta rinchiuso l’archivio segreto di nostri ricordi”.

Pubblicazione

1997

Casa Editrice

Ed. Vivalda e Mondadori

Pagine

240

Note

PREMIO ITAS 1998 DEL LIBRO DI MONTAGNA "CARDO D'ARGENTO".
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